Nana, il gigante
Sulle spalle dei giganti si può guardare un mondo diverso, fatto di distese infinite e praterie da cavalcare sui destrieri dei sogni calcistici. Sulle spalle dei giganti ci si sente comodi anche solo per il conforto offerto da una tale garanzia, la protezione di esseri diversi, dalle intemperie come dalle lotte relegate ai confini del suolo: sorpresa per il viaggiatore stremato dalle delusioni, trasportato con leggiadria, a grandi passi verso il futuro.
Il nome inganna il destino: Nana è molto più, persino di se stesso. Persino per se stesso. Persino per il passato che lo ha costretto a guardare il campo da lontano, intrecciando la volontà di continuare a giocare con il mistero della vita che si palesa in incognita, in paura. Catania non ha dimenticato: lo ha aspettato, come si è solito fare con chi lotta a oltranza, senza accenno di resa. Con preoccupazione e dedizione: perché il presente e il privato sono cosa non trascurabile. E' ritornato dal monte, per il monte: ha squarciato i mesi e cambiato i presupposti narrativi della sua carriera. Chi lo voleva e dava per finito ha perso sotto i colpi della rivalsa e della costanza: è tornato in campo come se nulla fosse, come se quello stop forzato fosse stata una semplice parentesi.
Ha preso in mano il Catania e lo ha posto sulle sue spalle: protetto dalle invasioni, riparato dagli attacchi indiscriminati, come meglio può. Primo su ogni pallone, testa alta dopo ogni contrasto. Sempre tra i migliori, la nota lieta anche nei pomeriggi più difficili, nelle partite più noiose, il motivo in più per continuare a seguire, scoprire, aspettare che qualcosa accada, sui suoi piedi o nelle sue idee. Mentre sulle sue spalle la piazza prosegue il suo cammino fatto di fuoco e cenere, mirando il domani: quello dell'Etna in eruzione che in un momento così ci tiene a dire la sua, come Welbeck e come la squadra di Raffaele. Nonostante tutto: nonostante il passato. Lui, la sorpresa e la certezza: Nana, il gigante.