Un mercoledì tra passato, cabala e legge dei grandi numeri
L'ultima volta che di mercoledì, poco dopo pranzo, il Catania ha giocato una partita a Terni, Cristiano Lucarelli si trovava sulla panchina rossazzurra a scontare i crucci e le maledizioni di un periodo infinitamente assurdo: e a perdere una gara di Coppa che, tra l'altro, non meritava neanche di perdere. Ma sapete, e sappiamo, come andò, un anno fa: conosciamo a memoria i dettagli delle viscere di un pezzo di storia catanese che porteremo dietro come promemoria, almeno come fa lo stesso Lucarelli.
Ad averceli, di mercoledì così. Storie che ritornano, passato che reclama rivincite personali e collettive: ghigno e perparazione. Se la squadra di Giuseppe Raffaele non ha nulla da perdere, perché è così, non ha proprio nulla da perdere, visto che più di quanto fatto finora ci sono solo i miracoli, la Ternana sì: ed è anche questo, la mistica, la cabala, la legge dei grandi numeri, chiamatela come volete, che rende affascinante il contesto e lo svolgimento. Lo sentite anche voi, questo "non so che" di particolare nell'aria? Una strana atmosfera intrisa di mistero? Facciamo prima a non dar peso a tutto ciò: ma la natura del tifoso, della piazza, così spontanea e senza filtri, può benissimo lasciarsi andare.
Liberi, come liberi si può essere al Liberati, dal passato e dai rimpianti: dalle traverse catanesi e dai Playoff non andati giù, dalle partite di Coppa Italia in mezzo al deserto delle certezze, o meglio incertezze, da una stagione monca finita con l'ultimo urlo di un guerriero smorzato in gola. Dai preconcetti: la Ternana di Lucarelli è stata invincibile, per ora. Ma il Catania di Raffaele non è sparring partner. Dalla figura della guida che si dirige verso altri lidi: se il futuro è delle fere, il presente parla catanese e dipinge rossazzurro. E non esiste tabù che non si può sfatare, squadra che non può essere messa in difficoltà, passato che non si può vincere. Al resto ci pensano la mistica, la cabala e la legge dei grandi numeri: e la speranza silenziosa, ma pungente, di una piazza affascinata dall'idea di essere la prima a fermare la corazzata di quello che è stato "l'uomo in più", per tutti.