Jacopo Dall'Oglio si è lasciato il passato alle spalle
Milazzo, nel 1946, è stata teatro di una delle più significative proteste operaie del dopoguerra: da giugno a dicembre, con la schiena piegata e le gambe immerse nella terra umida, con la paga a peso, le gelsominaie provavano a guadagnarsi da vivere raccogliendo il gelsomino per l'essenza dei profumi, fino al punto di rottura. Questione di scioperi e diritti riconquistati: con un passato così, chi nasce da quelle parti deve avere per forza un'altra tempra. Jacopo Dall'Oglio non fa eccezione.
Perché, diciamolo: rialzarsi e lasciarsi alle spalle una stagione complicata come quella passata, tra infortuni, cessioni sfumate e poche emozioni, non era semplice. Le risposte sono arrivate, persino quelle indirizzate a chi ha provato a vedere nelle sue punizioni l'ennesimo motivo per dire "ecco, ve l'avevo detto. Dall'Oglio non serve": troppo complicato, al contrario, ammettere di essersi sbagliati sul conto di "Dallo" (come lo ha chiamato Baldini nell'ultima conferenza stampa), e di essere di fronte a un giocatore che nel corso di questo campionato è stato impiegato in più ruoli, senza lesinare impegno. Il dato lapalissiano è che il Catania (quello di Raffaele come quello attuale) non può fare a meno di lui: quello numerico, invece, è l'ennesima prova di quanto appena scritto. Ha già ampiamente superato il suo record di reti siglate nel corso di una stagione professionistica (5 quelle attuali, mentre in altre 7 stagioni aveva messo a segno 1 gol per ciascuna), mentre domenica potrebbe raggiungere la soglia delle 25 presenze (come già accaduto nella stagione 2015/16), secondo miglior rendimento in questi termini dal 2013/14 (38 presenze tra Serie B e Coppa Italia, 1 gol).
Ha preso per mano il suo futuro, diritti compresi, con spirito di protesta silenziosa: quella sul campo, fatta di giocate e fatica e che ha raggiunto il suo culmine contro la Casertana. Lo spirito stesso del "falsuo nueve" implica una certa rottura degli schemi calcistici: 55 palloni giocati, con una tendenza a svariare per tutta la metà campo avversaria (la mappa pubblicata sotto basta e avanza a spiegare la gara di Dall'Oglio), scendendo a raccogliere il pallone 28 volte, per rigiocarlo con i compagni. Mossa perfetta dal punto di vista tattico, quella di Baldini, che ha limitato e non poco Bordin, tenendo notevolmente basso il baricentro degli avversari: elastico continuo, quello di Dall'Oglio, invece, tra trequarti e area di rigore, palesato dai 5 inserimenti senza palla conclusi con un tocco in area (3 nel primo tempo, 4 nel secondo, con un colpo di tacco per Reginaldo che si è fatto notare, e non poco). Il totale di 75 giocate complessive rende chiaro un concetto: mezz'ala o falso nueve, non importa. Jacopo Dall'Oglio si è lasciato il passato alle spalle: e il futuro gli sorride.