Editoriale: “Aridaje”
Dove eravamo rimasti? Stessa storia, stesso posto, stesso Maalox per i tifosi rossazzurri che non sanno più neanche bene come reagire al giro di campo di giocatori osannati appena quattro giorni prima e poi deludenti e incapaci di impensierire una difesa da 50 gol al passivo. I picchi non fanno bene nè ai deboli di cuore, nè ad una squadra apparsa bipolare fra campionato e coppa, che non riesce a mantenere uno standard di rendimento soddisfacente ma neanche a vincere quelle classiche partite in cui non giochi bene. Se il Catania gioca male non ottiene il risultato pieno, logica conseguenza potrebbe pensare qualcuno, ma non è proprio così perchè il “vincere nonostante tutto” è una capacità tipica delle grandi squadre, consapevoli della propria forza anche nelle giornate no. La speranza era che la vittoria contro il Rimini avesse portato in grembo questa consapevolezza, ma non è stato così.
Lenti, impauriti, imprecisi, difensivamente perforabili nonostante i tentativi senza pretese avversari. Ormai è anche banale parlare del solito Catania che subisce gol al primo tiro in porta avversario, che non riesce a ribaltare lo svantaggio e che non crea e non segna. Mettetevi però nei nostri panni, non è facile neanche per noi essere originali quando si assiste più o meno sempre allo stesso copione altalenante. Noi non sappiamo più cosa dire, ma non possiamo neanche sbilanciarci in commenti disastrosi sul futuro dopo l'ennesima prestazione deludente perchè in realtà questa squadra è capace di sorprendere quasi chiunque nella gara da dentro o fuori. C'è un pericolo però che non deve prendere il sopravvento: pensare che il più sia stato fatto considerando la semifinale di Coppa Italia un traguardo. Ok i play off sono stati quasi matematicamente raggiunti ma nè Lucarelli nè la squadra possono pensare di aver conquistato realmente qualcosa. Gli applausi, la consapevolezza, la fiducia si guadagnano partita dopo partita per aumentare le possibilità di essere imbattibili nello scontro diretto. Ad oggi la prospettiva sembra essere quella di una squadra da lancio della pallina e puntata su rosso o nero ma il rischio così è troppo alto.
Il Catania purtroppo non ha ancora capito come rimediare al suo atavico problema. La dirigenza e lo staff tecnico continuano ad interrogarsi, ma siamo arrivati a marzo ed è evidente che ancora non ci siamo. Contro un Monterosi che si è limitato a difendersi negli ultimi 35 metri con le linee strette, gli etnei non hanno mai creato la superiorità numerica, nè con le giocate dei singoli nè con le sovrapposizioni, nè con i movimenti senza palla per sfruttare le sponde di Cianci. Mbende è apparso insuperabile, Chiricò e Cicerelli invisibili, Zammarini e Sturaro depotenziati. Il perchè non è dato saperlo, ma qualcosa ancora non va, e anche la voglia repressa di turnover espressa in conferenza stampa da Lucarelli fa riflettere. Se non arrivano i risultati le critiche piovono comunque, e allora tanto vale riceverle sulla base dei propri principi. La realtà è che purtroppo ancora il mister toscano non è riuscito a conferire un’identità precisa alla squadra (vuoi anche per i tanti limiti contestuali spesso citati dallo stesso Lucarelli) e di conseguenza manca una coerenza logica nelle prestazioni. Quello con il Monterosi non è ormai tanto un passo indietro, ma il solito passo laterale del Catania che non ingrana e spreca l'ennesima chance di rilancio. Mercoledì ci sarà l'Avellino con l'incognita di una gara proibitiva ma che potrebbe riservare qualunque scenario possibile, perché il Catania è questo. Prendere o lasciare.