Tra coraggio e un cucchiaio di "Morocho": Maldonado, il fondamentale
Il "Morocho" ha tutte le carte in regola per essere considerato allo stesso tempo sia un budino che una bevanda: lo vendevano al mercato, il che ne fa uno dei prodotti più diffusi della cultura ecuadoriana. Ma soprattutto: è dolce e speziato. Offre gentilezza e punture di emozioni al palato: un passaggio verso la riconciliazione dei sensi. Ecco, quel che a un primo sguardo è quasi impossibile da capire è che la vita di Luis Alberto Maldonado, che per uno strano scherzo del destino porta il termine "Morocho" anche nel nome, è un intreccio di simboli e significati, in cammino: il fatto stesso che ci si ritrovi a parlarne offre ampio spazio di riflessione.
L'Ecuador è lontano: Catania sa come farti sentire a casa, persino dopo una stagione che i comuni mortali definirebbero "deludente", ma che da qualcuno potrebbe semplicemente essere considerata come una sfida, tra un inizio travagliato, l'attesa del tesseramento, l'arrivo e l'annuncio e una serie quasi infinita di partite concluse alla stessa maniera. Sorprendentemente male. Arriva forte il canto di chi vuole dire la sua: è ora che Luis faccia sentire ciò che ha dentro. Lo dice chiaro e tondo Milton Berle, comico statunitense dello scorso secolo: "se l'opportunità non bussa, costruisci una porta". E a volte qualcosa gira pure bene: l'arrivo di Francesco Baldini è un po' come un cucchiaio di Morocho dopo una secca nottata di pensieri e riflessioni su chi abbia piedi buoni o ferri da stiro. Provvidenziale, come la risoluzione del problema. Fondamentale, se volete, come il ruolo di Maldonado in questo centrocampo (e nel 4-3-3).
"Esencial", perché è anche e essenzialmente l'unico che può prendere per mano la squadra e inventare qualcosa. In maniera diversa, però. Una partita non basta: riassumendo nel concetto più diretto espresso da Baldini in conferenza, "deve fare". Senza frenesia, senza paura: maturando, anche nelle difficoltà. Anche negli errori (che possono pesare più di un rigore causato), anche nei palloni giocati (36 contro l'Avellino, ancora pochini): anche nel coraggio. Alzando la testa per due motivi: osservare o scorgere tracce invisibili in campo e volgere lo sguardo al futuro. Per uno che viene dal cantone di "Pasaje" deve essere naturale creare passaggi: concreti, immaginari, vitali. "Coraje", Luis: per questo ruolo bisogna essere "valiente" come il "Morocho", e forse anche di più.