Follia e cuore: grazie, SIGI
Ci ha vendicati tutti, la SIGI. Ha vendicato noi e vendicato se stessa: ha vendicato le ferite e rivendicato quanto ci è stato sottratto con lo scorrere inesorabile del tempo, senza possibilità di replica. Il Catania, i sogni e l'umanità.
Varrà sempre la pena ricordarlo, anche quando non strettamente necessario o attintente al contesto. Varrà la pena raccontarlo ai nostri figli. Spiegare che persino nell'angolo più basso di un infimo barile può esserci un po' di speranza, e che un'impresa può essere compiuta in una caldissima giornata di luglio al pari di un gelido sabato di gennaio. Che non occorrono stagioni propizie a indicare la via. Solo uomini giusti. Uomini forti.
Che in un percorso una o due deviazioni ci stanno, così come le incongurenze di chi mette insieme i primi passi in un mondo nuovo: si cresce insieme, lasciandosi alle spalle nei che con il tempo verranno ricordati solo come meri dettagli, o sfumature involontarie, di una pennellata stilisticamente completa, di un quadro che passerà alla storia.
Ringraziare è parte di una volontà più grande, ma anche un atto dovuto, in questo caso. Da Maurizio Pellegrino e Fabio Pagliara a Giovanni Ferraù e Giuseppe Augello, passando per tutti gli altri componenti, imprenditori o meno, di un "comitato" troppo spesso sbeffeggiato e che in SIGI ha trovato la sua declinazione massima. Quella della passione e dell'amore, di una missione compiuta e di un verbo costantemente rivolto all'infinito, dalle radici antiche. A loro il merito di tutto: di aver restituito la capacità di sognare e aver riconsegnato "l'uomo", con la sua dimensione, ai catanesi. Grazie, SIGI.