Editoriale: "adesso tocca alla società"
Primo banco di prova per un Catania che gioca, ma perde e viene fischiato
“A che punto è l'editoriale?” Risuona in redazione, ma stavolta ho deciso di prendermi un po' di tempo in più prima di scriverlo, di riflettere ancora più approfonditamente dopo la sconfitta di ieri del Catania, e sebbene molti commenteranno che ‘chiu longa è a pinsata, chiu grossa è…’, l'idea non è cambiata: il Catania non ha giocato male, ma è pur vero che si deve migliore su alcuni fronti. Posizione impopolare, non v'è dubbio, perchè i numeri parlano in maniera chiara e due sconfitte sue tre gare giocate al Massimino non sono ammissibili per una piazza ambiziosa, ma il paradosso è che proprio queste sconfitte sono arrivate nelle gare in cui il Catania ha dominato l'avversario. “Abbiamo perso un po' di fiducia con il passare dei minuti”, il commento di Luca Tabbiani dopo la sfida di Monopoli; oggi la fiducia l'ha persa una fetta della tifoseria, ma in realtà Ladinetti e compagni hanno mostrato un volto molto diverso rispetto a quello di quattro giorni fa, sbagliando poco, esprimendo una netta supremazia territoriale e cercando di sviluppare concetti studiati in allenamento. Detto ciò, però, perdi, tiri poco, e a tratti sembra che molto debba passare necessariamente dai piedi di Chiricò. E dunque come la mettiamo? Lo sappiamo, è molto difficile da sostenerlo visti i risultati, ma la strada potrebbe rimanere quella giusta perchè il Catania che ha perso (Crotone e Foggia) è stato nettamente superiore al Catania che ha pareggiato e vinto, ma questo poco importa, ovviamente, se si guardano solo i risultati.
Adesso la verità è che la palla o la patata bollente passa semplicemente alla società. Grella era stato chiaro affermando che sarebbe stata necessaria pazienza perchè la ricerca dell'identità era prioritaria rispetto a qualunque altra cosa, però con due sconfitte casalinghe su tre gare non è facile utilizzare la filosofia, soprattutto in una piazza giustamente esigente che stavolta a fine partita non ha applaudito come all'esordio. La società difenderà il progetto a denti stretti o cambierà idea? Proprio in questi momenti si vede la forza di una dirigenza che è apparsa sempre granitica, e quindi l'obiettivo, probabilmente sarà quello di cercare di andare oltre ad una classifica pessima, magari assumendosi inevitabilmente la responsabilità del ritardo nell'assemblamento dell'organico che ha generato una condizione fisica non omogenea. Non sarà facile, questo è chiaro, ma è l'unica strada coerente.
Da cosa ripartire? Dalla voglia, dalla grinta, da un secondo tempo vissuto col coltello fra i denti e dalle prestazioni positive di diversi singoli. Bene su tutti Quaini, autore di una prestazione superlativa da parte di un giocatore abbastanza unico in questa categoria. Oltre alla capacità di impostazione, Quaini ha dimostrato anche di essere un centrale coriaceo e bravo nell'uno contro uno, lasciando le briciole agli avversari e producendo pochissime molliche palle al piede. Numeri sontuosi (70 palloni giocati, 23 verticalizzazioni, 12 contrasti vinti a fronte di 2 palle perse) ed una personalità che potrà essere certamente utile nel corso di questo campionato. Bene nel complesso anche Ladinetti che ha lavorato con attenzione in non possesso, cercando anche di farsi vedere maggiormente rispetto alle altre uscite, anche se ancora non è abbastanza.
Poi però ci sono i tanti aspetti che devono essere migliorati. Primo su tutti è il rapporto fra mole di gioco, possesso palla e tiri in porta. Il Catania ha mantenuto il pallino del gioco per lunghi tratti del match, ma fino al sessantesimo l'unico tiro era arrivato grazie ad un'incursione di Rocca al quattordicesimo. Tante le situazioni non sfruttate a causa di letture e scelte sbagliate negli ultimi 25 metri, soprattutto fino al gol del Foggia, visto che poi le azioni sono fioccate, così come è esplosa la sensazione di impotenza davanti ad una sorte avversa. Un po' la metafora della stagione fino ad oggi del Catania: una squadra potenzialmente forte ma che ancora non ha espresso il suo potenziale. Sempre in fase offensiva bisogna considerare che il Catania, nonostante i tanti giocatori tecnici, ha conquistato solamente due punizioni negli ultimi 25 metri, e soprattutto non riesce a sfruttare i calci piazzati (fiore all'occhiello del Catania di Ferraro). Altro aspetto su cui riflettere è legato ai terzini. L'espressione sugli esterni che caratterizza il gioco di Tabbiani necessita indispensabilmente delle sovrapposizioni costanti dei terzini ma Castellini non ha esattamente queste caratteristiche e Mazzotta non ha una condizione fisica invidiabile. Il numero undici non spinge come potrebbe e, ancor più grave, non c'è un sostituto. Lui e Chiricò sono insostituibili, ma già nella composizione della rosa tutto ciò sembrava un rischio che doveva essere calcolato diversamente.
Insomma Catania ha fame, soprattutto per come si è presentata la dirigenza la scorsa stagione. I vertici del Catania, dal canto loro, potrebbero sostenere di non aver mai parlato di promozione, ma di creazione di un progetto per cui è necessario tempo e pazienza; ma sempre i tifosi potrebbero dire che oggi il Catania è quasi in zona retrocessione. Il vero problema è che c'è il rischio che la serenità e l'idillio australiano siano messi in discussione, ma è il primo vero banco di prova per una società che fino ad ora ha vissuto momenti belli e, diciamolo, abbastanza semplici. Ora è il momento di scoprire anche l'altro lato del Catania, quello che affronta le difficoltà. Attendiamo e analizziamo, chi con fiducia, chi con paura, ma una cosa fatemela dire: l'alzata di scudi da parte di molti sarebbe allora già dovuta arrivare nel momento in cui Grella parlava di progetto e non di risultati; di identità e non di promozione. Sarebbe stato impopolare anche quello, ma coerente.