Editoriale: bruttini, sporchetti e cattivelli
Punti si, gioco ni, ma l’importante è l’entusiasmo
Quando le cose si mettono male, in Serie C ma anche in tutti gli altri campionati dell'universo viene citata sempre la stessa formula magica: “adesso bisogna essere brutti, sporchi e cattivi” perchè i tre punti valgono più di ogni altra cosa. Ecco il Catania visto contro il Taranto è stato “bruttino, sporchetto e un pizzico cattivello”, riuscendo a conquistare tre punti non totalmente soddisfacenti ma sicuramente indispensabili, poichè un risultato differente avrebbe aperto uno squarcio difficilmente sanabile. Il primo aggettivo forse è il più interessante dei tre perchè è interpretabile in due accezioni che effettivamente si trovano agli antipodi sotto il profilo utilitaristico ed estetico. Il Catania non ha giocato male ma neanche bene; non ha creato tanto, ma neanche niente; ha accelerato per 20 minuti ad inizio ripresa che gli sono bastati per ottenere il massimo risultato. Insomma sarebbe stato meglio se fosse stato un po' più carino come vuole Tabbiani perchè snaturare il progetto sarebbe una sconfitta, ma alla fine da qualcosa bisognava ripartire, e la sostanza dei punti è il trampolino migliore.
Anche gli altri due aggettivi sono stati interpretati solo in parte. Un Catania che ha cercato di sporcarsi le mani, anzi i calzettoni, e che in parte è stato cattivo. Solo in parte però, perchè sembra quasi che per certi versi non sia nella sua natura essere brutto, sporco e cattivo. Una natura, però, che ancora non è stata del tutto espressa, che dovrebbe essere caratterizzata dalla tecnica, dall'esperienza nel gestire le situazioni e compiere le scelte giuste, dallo stile, dalla verticalità e dall'eleganza. Anche questi attributi però si notano solamente a tratti. La si è vista in occasione del gol di Di Carmine con un'azione sviluppata egregiamente; così come un'altra iniziativa, stavolta di Mazzotta, che aveva portato al piattone sempre del numero dieci. Nei venti minuti dal quarantacinquesimo al sessantesimo il Catania ha finalmente fraseggiato centralmente sfruttando i movimenti della sua punta e gli uno due o le triangolazioni; ha attaccato col tempismo corretto sugli esterni ed è stato pericoloso. Peccato però che la stessa cosa non si possa dire per la prima frazione.
Tatticamente Tabbiani ha provato qualche soluzione alternativa che ha funzionato, anche questa, in parte. Di certo la falsa linea a quattro ha dimostrato il lavoro sui concetti più che sulle posizioni preconfezionate. Castellini e Mazzotta hanno completato una difesa che in realtà in impostazione era praticamente a tre, ma entrambi avevano la libertà di potersi affacciare nella metà campo avversaria. Più da esterno Mazzotta, più controllato Castellini (anche se poi il gol è arrivato grazie al suo coraggio), ma la ricerca di superiorità numerica sul centrodestra con Bouah, Chiricò ed appunto Castellini ha messo in ambasce la squadra di Capuano che, non a caso, ha esordito nel secondo con due cambi su quella corsia. Non rigidità, dunque, da parte del tecnico etneo che adesso dovrà far combaciare l'identità con la duttilità e il trasformismo. Ma ben venga se tutto sarà abbinato alla giusta dose di intensità.
Un dato certo c'è comunque: il Catania ha vinto. L'importante, adesso, da parte della piazza è che non si sposino posizioni stantie, figlie di un pensiero espresso in tempi non sospetti, che possa limitare la positività. Chiricò e compagni non hanno conquistato i tre punti incarnando l'ideale tecnico-tattico di Tabbiani, non sono stati abbastanza spettacolari, nè troppo aggressivi (sempre eccezion fatta di quei venti minuti), ma hanno vinto e c'è un fattore che da ora in poi potrebbe fare la differenza: la fiducia. Se questa squadra dovesse trovare la giusta consapevolezza, oltre alla gamba e ad un'infermeria vuota, potrebbe davvero riprendere il cammino sospeso. Ovviamente la vittoria con il Taranto assumerà dei contorni più delineati in base a ciò che succederà mercoledì con il Monterosi, e poi ancora con l'Avellino. Serve continuità, servono punti e serve entusiasmo. Con queste tre componenti forse il ‘progetto Tabbiani’ potrebbe riprendere davvero corpo, ed il gioco essere totalmente soddisfacente. Lo sapremo col tempo, ristretto, ma pur sempre quel tempo tanto caro a Grella.