Editoriale: No gol, no punti, no party
Una soluzione bisognerà pur trovarla per far sì che una stagione di per sé difficile non si trasformi in una complicata scalata al miglioramento, tra fossati e deviazioni: questo Catania non basta. Non basta pur essendo in crescita, non basta pur mettendo più di una pezza, più con volontà che con organizzazione. Non basta, semplicemente, perché giocare un solo tempo a partita non può bastare.
Che poi è la più classica delle definizioni di "insufficiente"che si possa trovare in giro. In buona sostanza, c'è una preoccupazione su tutte che deve essere smentita: quella di non riuscire a reagire alle indicazioni del proprio allenatore. Ma non vogliamo neanche sfiorarlo, figuriamoci teorizzarlo, un simile pensiero. Il problema è che, comunque, quello visto nella prima frazione a Teramo non è il giusto modo di rispondere al derby di Palermo: e qui veniamo al nucleo centrale della preoccupazione citata poco fa. Se Raffaele si è fatto sentire, e non abbiamo dubbi si sia fatto sentire al termine della sfida del Barbera, così come non abbiamo dubbi si sia fatto sentire al Bonolis, perché alcuni giocatori non riescono a reagire? O comunque, perché questa squadrà dà sempre l'impressione di rincorrere costantemente le situazioni e l'avversario di turno, e mai, da qualche gara, di essere in pieno controllo del match sin dai primi minuti? Lo specchio sta tutto nei 30 secondi iniziali di Teramo, quando non avevamo ancora fatto in tempo a prendere posto in studio che Silvestri aveva già atterrato un giocatore di casa, lanciato a rete.
Poi si può anche discutere dei singoli, in male e in bene: ci si può chiedere il perché della tremenda involuzione di Kevin Biondi e di Luca Calapai, perché questa squadra abbia segnato 10 gol in meno rispetto alla scorsa stagione e 9 in meno rispetto a quella precedente, perché ci sia la sensazione di essere sempre meno performanti atleticamente rispetto agli avversari. Si può pensare in positivo riflettendo sulle prestazioni di Emanuele Pecorino e Reginaldo, o immaginare possibili soluzioni a partita in corso. Non si centra il punto: e non sta a noi l'analisi. Non deve passare da noi: la verità è che ogni singolo può cambiarti la partita, che oggi avresti meritato il pari, e che comunque una strada bisognerà intraprenderla. Con calma? Con lucidità nelle scelte e non solo? Con un atteggiamento diverso: dall'allenatore ai giocatori, perché l'extracampo non può più essere un alibi per molto. Ammesso che lo sia mai stato.